L’identità territoriale salentina 2.0

Il concetto di tipicità è cambiato? Specificità è ciò che è fruibile solo all’interno di un limitato e circoscritto contesto geografico, e solo in quello, o tutto ciò che sa essere racconto di una data cultura? Insomma, domande come queste fino a pochi anni fa non avrebbero avuto ragione di esistere, i confini erano meno labili e senza ambiguità, quelli di tempo e distanza erano concetti assoluti. Poi c’è stato l’avvento della globalizzazione, delle ICT, del web 2.0, a relativizzare il come, il dove e il quando. Il globo ha scoperto la polarizzazione tra due campi di energia opposti, da una parte l’affermazione territoriale e l’auto-determinazione, dall’altra la frantumazione definitiva dei confini in nome di una super sovracultura al di là dello spazio e delle frontiere. La prima come necessità, la seconda come impraticabile modello di riferimento socio-economico.

Il Salento degli anni ’90 era terra di turismo occasionale, zavorrato da un passato affannato e da un presente senza sussulti, finché le sue peculiarità hanno acquisito la connotazione di eccellenze. Da una parte esse hanno incrementato il turismo, sostenuto movimenti come la pizzica, l’enogastronomia, i tour tra le suggestioni naturalistiche, e dall’altra hanno saputo anche rinsaldare quello che man mano era diventato un brand, attraverso un processo opposto: non più il turista che scopre il luogo ma il territorio che bussa a casa del forestiero e porta la propria identità in casa altrui. I prodotti tipici del Salento hanno oltrepassato le barriere, sono sbarcati su e-commerce e invaso le piattaforme di confronto che erano nate esattamente in seno a una logica opposta. Internet è un mezzo, è in quanto tale cambia gli accenti e la fisionomia a seconda di chi lo utilizza. Se il web era vetrina per mostrare un’unica cultura e un’unica gigantesca piazza di cui tutti siamo abitanti, allora deve rivedere i propri piani. Si partecipa in un luogo unico e uguale per tutti, ma ognuno col proprio accento.

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