Una recente indagine ha rilevato che i disabili in età lavorativa sono pari quasi a 600 mila persone e circa il 70% degli intervistati ha dichiarato di avere problemi di salute, che durano da più di cinque anni. Il 42% dice che tali problematiche non derivano da incidenti non accaduti sul posto di lavoro, il 16% ha problemi cronici e il 28% afferma di avere problemi congeniti, fin dalla nascita.
Il totale degli intervistati è composto per il 54% da maschi e per il restante 46% da femmine. La classe di età è così suddivisa: il 38% ha tra i 15 i 44 anni e il 62% tra i 45-64 anni.
Questi dati rilevano che c’è un reale bisogno di capire come introdurre i disabili nel nostro sistema Paese e soprattutto bisogna farlo con metodo, cercando di individuare quali sono i loro fabbisogni. Dedotto ciò allora si può procedere con il reale inserimento delle persone diversamente abili nell’ambito lavorativo, fornendo loro supporti fisici e psicologici. La disabilità non va intesa come ostacolo alle normali azioni di vita bensì come spinta per un miglioramento continuo dell’individuo colpito. Il giusto livello di incentivo deve essere garantito non solo dalla famiglia,ma anche dalle istituzioni che devono essere un appoggio, soprattutto dal punto di vista normativo.
A volte basta poco per riuscire nell’intento, un semplice sorriso o uno scambio di parole, ma questo concetto si riferisce di più alla fera sociale che istituzionale e/o economica.