Il Mito della Ribellione

Sabato 25 settembre 2010 si inaugura alle ore 18.30 presso la Casa Internazionale delle Donne in Via della Lungara 19 a Roma, la mostra Il Mito della Ribellione degli artisti: Elena Candoli, Ivan Caponecchi, Flavio Falena, Elena Marelli, Gisella Pasquali, Jessica Sieff, Cinzia Zanetti, Andrea Zordan. La mostra è dedicata ad un’idea di donna forte e non sottomessa al potere maschile, sia esso famigliare che politico.

Soqquadro
Presenta
Il Mito della Ribellione

Mostra collettiva

DURATA: dal 25 settembre al 6 ottobre
INAUGURAZIONE: sabato 25 settembre ore 18.30
ORARI: dal lunedì al venerdì 9.00-19.00, sabato 9.00-13.00
LUOGO: Casa Internazionale delle Donne (Sala Atelier) Via della Lungara 19, Roma
CURATRICI: Linda Filacchione e Marina Zatta
COLLABORAZIONI: Gloria Ceschin, Gemma Guirado Robles, Yasmin Mohamed Samir, Alessandra Parrella, Mara Valente.
INFO: tel. 06.68401721, cell. 333.7330045
@mail: [email protected][email protected]
www.soqquadro.eu

La Casa Internazionale delle Donne è un luogo storico del femminismo romano sito in via della Lungara nel noto quartiere Trastevere. La casa Internazionale delle Donne è posta in un magnifico ex convento rinascimentale ed è provvista di spazi per conferenze e riunioni, bar, ristorante, negozio equo solidale, foresteria e la sala Atelier progettata come sala espositiva.

In questo luogo Soqquadro espone la collettiva “Il Mito della Ribellione” curata da Linda Filacchione e Marina Zatta.

I miti dell’antica Grecia erano concepiti per simboleggiare i diversi caratteri dell’animo umano. Come rappresentazioni della ribellione femminile al potere maschile, gli antichi hanno elaborato i miti di Medea ed Antigone.

Chi erano Medea ed Antigone? Entrambe figure della mitologia greca rappresentano, ciascuna con tratti diversi, due caratteri di grande personalità, due donne indomite, incapaci di sottomettersi al potere maschile e capacissime di ribellarsi con grande potenza.

Medea arriva ad uccidere i suoi figli per ribellarsi a Giasone che, dopo aver trascorso con lei una vita e generato due figli, per mere brame di potere politico decide di ripudiarla per aprirsi un varco verso un matrimonio regale. A questo Medea si ribella, strappando da sé, in una scelta estrema e tragica, perfino la carne del suo sangue, uccidendo i figli, suoi ma anche di Giasone, in una visione rabbiosa, furiosa ed esplosiva fino alla tragedia, ma al contempo indomita e orgogliosamente ribelle nel suo rapporto con l’uomo e con la prole.
Antigone invece non si ribella per motivi di orgoglio, la sua disubbidienza è verso il potere maschile ed al contempo politico, verso un Re despota che nega la sepoltura alle spoglie di suo fratello, un’ingiustizia che Antigone vive non solo come sofferenza sul piano personale, ma in una più vasta visione etica del mondo nella quale il culto dei morti è sacro e và rispettato. Antigone si ribella ad un potere politico che non riconosce equo ed etico, sceglie, pur sapendo di sacrificare la sua vita, di tener fede ai propri principi.

A queste figure femminili, né sante né puttane, Soqquadro dedica questa mostra, in un momento storico in cui le battaglie femministe sembrano cosa passata ed al contempo si rinnova una visione della donna centrata sulla sua “femminile grazia” o “procace sensualità” che in nulla rispetta la vera e potente essenza dell’anima delle donne, capaci di costruire con lacrime, sudore e sangue grandi pagine di Storia.

I volti di donne “quasi” perfette di Elena Candoli a loro volta possono essere letti come rappresentazioni, visioni di sentimenti, pensieri, stati dell’anima positivi e forti che nascono da un movimento energetico di pulsioni, impressioni, ribellioni e dolori. I colori e i segni che circondano i volti femminili, inoltre, costituiscono l’espressione più viscerale della sua arte.

“In tutti gli altri eventi, piena è la donna di paure, e vile contro la forza, e quando vede un ferro; ma quando, invece, offesa è nel suo talamo, cuore non c’è del suo più sanguinario.” (Euripide) E’ stata questa frase a stimolare la ricerca di Ivan Caponecchi su Medea, coniugandola ad un’idea contemporanea di ribellione della donna alle violenze dell’uomo contemporaneo. Dal mito al reale, cercando di ridonare dignità ad una donna rappresentata come una “strega infanticida” senza considerare la concatenazione degli eventi. L’artista ha voluto abbandonare l’aspetto cupo di una Medea vittima della propria pazzia, donandole un abito dal colore chiaro e lo sguardo rivolto verso l’uomo che è capace di amare fino alla follia.

Le opere di Flavio Falena sono dei “combine painting”, piccoli microcosmi in cui si miscelano sinergie contrastanti; bellezza e degrado, vecchio e nuovo, ordine e caos. Tutto ciò è unito all’uso di diverse tecniche e materiali di recupero portando con sé un messaggio di decadenza.

I quadri di Elena Marelli ci costringono a guardare altrove, a quei dettagli che quotidianamente ignoriamo o che osserviamo con sguardo distratto, eccetto quando un lembo di carne, prima coperto dal vestito, si svela fugace al nostro sguardo indiscreto. Ma nella pittura di Elena non c’è nessuna concessione al vuaiorismo, anche dove i corpi si mostrano nudi o cinti in appassionati abbracci.

L’artista Gisella Pasquali crea con forza incisiva: campiture cromatiche dilatate e segni decisi, vibranti, espressione del suo mondo interiore. Spazio che si espande, oltrepassando i limiti preposti, sconfina e contamina…l’artista recupera l’irrazionalismo, il titanismo, l’antagonismo totale con la realtà terrena dando forma ad una dimensione di cui è signora e padrona: un luogo con proprie leggi dove trovare tutta l’energia e la libertà espressiva.

La poetica del lavoro di Jessica Sieff è caratterizzata dalla forza dei contrasti tra luce e ombra e dalla raffigurazione di emozioni forti. L’artista predilige la rappresentazione del corpo umano e la descrizione di ogni suo piccolo aspetto per riuscire a riprodurre l’emotività del soggetto ritratto.

Cinzia Zanetti vuole esprimere la sensazione perenne ormai di nausea. Nausea per l’uso/abuso che i media fanno dell’immagine e del corpo fisico delle donne. Così quest’opera è un inno all’imperfezione, nelle sue diverse forme.

Andrea Zordan con l’opera “Terapia di gruppo” vuole sottolineare l’importanza che ogni individuo ha all’interno di un gruppo sociale in cui l’apporto di idee ed esperienze diverse ma legate tra loro, accelera e migliora il fine comune. Attraverso l’opera “L’importanza del diverso” l’artista ha voluto dar voce all’oggetto più apolitico, asociale e laico che conosce: lo specchio. L’unico oggetto che in maniera asettica ci mette a nudo e ci riporta sulla terra facendoci vedere la verità; con lui non esiste il bluff. Quindi l’importante non è ciò che si vede ma ciò che si e’.

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