Sono nato alla fine degli anni 60. Ho ricevuto in dono da una zia, una raccolta rilegata della rivista Epoca. In quelle pagine a colori, gli astronauti, Christian Barnard, i Kennedy, Papa Giovanni, la guerra del Vietnam, i Beatles. Sui Fab Four mi sono soffermato a lungo. Mi sono accorto che nella mia vita fino ad ora era mancata la musica, quella vera. Così sulle note di Penny Lane e Ehi Jude, sull’umorismo disordinato dei 4 ragazzi di Liverpool e sull’incredibile sequenza di successi, è nata in me la consapevolezza che questa rock band, poteva insegnare ad un gruppo di lavoro, un rivoluzionario metodo per essere efficaci e felici. Si parte da qui: dalla leggerezza nel fare le cose, dal gusto della vita, dall’umorismo e il prendersi in giro. Questo è il primo principio da seguire per far lavorare un team in armonia. Se non ci divertiamo abbiamo una sorta di costo occulto. I Beatles erano sempre pronti allo scherzo e all’ironia e questo gli ha consentito di costruire un rapporto molto positivo con la stampa e la critica, ma anche con le band avversarie nella lotta per la classifica. D’altra parte questa leggerezza non può sostenersi senza il riconoscimento del talento individuale. La scoperta è che i Talenti non esistono. Meglio esiste un talento per ciascuno di noi. Certamente esistono le abilità e un gruppo di lavoro che si forma, deve tenerle in considerazione. Ma in un team riconosciamo a tutti un “10” dall’inizio, e costruiamo le condizioni affinchè il talento di ciascuno emerga e abbia un suo momento individuale di luminosità e quindi riconoscimento. I Beatles hanno avuto un agente, G. Martin, che ha lasciato loro sempre molto spazio creativo, senza pressarli nella loro produzione, senza delineare per loro un obiettivo troppo definito, ma piuttosto, mettendo loro a disposizione il meglio in tecnologia e professionalità per la sperimentazione. E’ stato ripagato con centinaia di successi e con solo 10 anni di performance i Beatles, liberi di attingere alla loro creatività, hanno venduto oltre un miliardo di dischi. Quindi, mi fa piacere teorizzare che il controllo operativo di un team non alza il livello di creatività e spesso non aiuta nel raggiungimento degli obiettivi. Cosa altro ho imparato ? I Beatles, si scambiavano le canzoni e spesso Lennon e McCartney completavano le canzoni uno dell’altro. Una leggera competizione controllata, alzava il livello d’ispirazione del gruppo ed i 4 passavano molto tempo insieme al di là del lavoro. Sebbene la band mettesse insieme caratteri molto distinti, riusciva ad esercitare un pensiero comune di qualità, aperto e leale, senza maschere. Ecco come impariamo che la cura del clima di lavoro, è elemento fondamentale per il teamwork e non un accessorio da curare qualora ci siano risorse in avanzo da utilizzare in una organizzazione. Allo stesso modo, si supera la necessità di una leadership individuale, con un progetto di leadership condivisa e democratica, aperta e consapevole. Il successo arriva per caso, per fortuna o per un progetto o forse per tutte queste cose insieme. Certamente quello dei Beatles è legato alla loro capacità di essere rivoluzionari piuttosto che innovatori; la loro musica è stata una contaminazione di stili e sperimentazioni che hanno influenzato l’arte e la società stessa. Vogliamo quindi gruppi di lavoro capaci di prendere rischi e credere nell’impossibile senza aver paura di sbagliare. L’errore viene spesso perdonato, se si lavora con onestà e coraggio. Nel 1970, “l’Idra a 4 teste”, come la definì Mick Jagger, si sciolse per sempre. Con la performance sempre eccezionale erano arrivate le aspettative e lo stress da prestazione ed il conflitto era presente nella vita della band. Così è nella vita di un team che dovrebbe essere costruito con una scadenza stabilita a priori. La vita di un team efficace deve avere un termine che può essere posticipato, anche se non è consigliabile farlo. Solo con un rinnovamento profondo, non legato agli obiettivi, ma alla qualità del Pensiero di team, può allungarsi la vita dei vincenti. “Potresti dire che sono un sognatore, ma non sono l’unico…..”