Marea Nera: paradossi della società tecnologica.
Prosegue inarrestabile, ormai da 49 giorni la fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico.
Il nuovo “tappo” installato circa 24 ore fa sembra funzionare parzialmente e riesca ad intrappolare circa la metà del petrolio che fuoriesce dal pozzo sottomarino.
Intanto la marea nera continua a diffondersi e sta raggiungendo ormai dimensioni spaventose; si parla di chiazze a macchia di leopardo estese per un raggio di circa 320 Km.
Proprio oggi mentre il WWF si appresta a celebrare la Giornata Mondiale degli Oceani (istituita nel 1992 a Rio de Janeiro ) la CNN diffonde le mappe con le previsioni degli spostamenti della marea che potrebbe essere portata dalla Corrente del Golfo fin sulle coste Nord Europee .
Una scia oleosa di morte che a detta dello stesso WWF provocherà danni rilevabili per i prossimi 50 anni
I danni ambientali oltre che sociali ed economici provocati dalla marea nera sono indubbiamente immensi e destinati a durare per anni e in alcuni casi potrebbero essere addirittura irreparabili.
Si conoscono bene, infatti, gli effetti del petrolio che viene riversato in mare in superficie dalle petroliere ma la situazione qui è molto diversa: il greggio sgorga a 1500 metri di profondità risalendo lentamente verso la superficie !
Ai milioni di litri di petrolio sparsi in mare si aggiungono altrettanti milioni di litri di disperdenti altamente tossici che contribuiscono a creare una miscela mortale per ogni forma di vita.
L’azione dei disperdenti frammenta il petrolio e lo distribuisce lungo tutta la colonna d’acqua (per non farlo apparire in superficie) creando enormi distese di “nuvole” tossiche formate da goccioline di petrolio e disperdenti.
Il plankton e i piccoli animali marini come i gamberetti venendo a contatto con queste “nuvole” si contaminano e muoiono e da qui la contaminazione si estende ai predatori lungo tutta la catena alimentare.
Tutti gli animali facenti parte della catena alimentare sono interessati dagli effetti nocivi e ne subiscono le conseguenze per tempi anche molto lunghi.
Secondo diversi esperti dell’area, interpellati dal quotidiano Globalpost, la marea nera è arrivata proprio nel momento peggiore poiché in questo periodo dell’anno molte specie scelgono proprio il Golfo del Messico per fare una sosta nelle migrazioni o per riprodursi.
Fra le molte specie a rischio nell’area del Golfo del Messico le prime dieci sono:
TONNO ATLANTICO: questa specie era già a rischio di estinzione, e proprio da metà maggio a metà giugno depone le uova nell’area del Golfo del Messico.
TARTARUGHE MARINE: cinque delle sette specie di tartarughe marine conosciute hanno fra le rotte migratorie proprio il delta del Mississipi. Le Caretta Caretta ad esempio si nutre nelle acque calde del Golfo tra maggio e ottobre.
SQUALI: le Chandeleur Islands, vicinissime alla zona dell’incidente, sono una delle ‘nursery’ preferite da diverse specie, che peraltro si nutrono di plancton, anch’esso colpito dalla marea nera.
CETACEI: balene e delfini sono a rischio immediato, perché l’ingestione o l’inalazione di petrolio provoca infiammazioni e danni a diversi organi.
PELLICANO MARRONE: l’uccello simbolo della Louisiana è uscito dalle specie in via di estinzione solo lo scorso anno, ma rischia di rientrarci subito, visto che in questo periodo depone le uova vicino alle spiagge.
OSTRICHE: gli sedimenti intorno alle spiagge della Louisiana sono sede dei principali allevamenti di ostriche del paese, ma per queste specie gli idrocarburi sono altamente tossici.
GRANCHI E GAMBERETTI: in questo periodo questi animali sono nello stadio larvale e giovanile, quello più delicato.
PICCOLI PESCI: diverse specie di piccoli pesci, tra cui gli osteitti
UCCELLI MIGRATORI: moltissime specie di uccelli migratori stanno facendo sosta sulle spiagge della Louisiana, fra cui 96 solo di passeri.
Senza contare i danni alle persone e alle cose questo è il costo ambientale del disatro ecologico che si sta consumando nel Golfo del Messico.
Ancora una volta, come di consueto, senza lanciare critiche o formulare sentenze vorrei fare una riflessione su quello che è successo e sta succedendo.
Partiamo dalla piattaforma Deepwater Horizon che la BP noleggia dalla Transocean per una cifra di 500.000 dollari americani al giorno; è possibile che una piattaforma così tecnologicamente avanzata e all’avanguardia non abbia un sistema di bloccaggio del pozzo a distanza o qualche procedura di recovery in grado di evitare o limitare questo tipo di incidenti ?
Ancora una volta l’interesse economico e la speculazione sono al di sopra della vita umana e dei rischi a cui viene sottoposto l‘intero pianeta ?
Non esiste una legislazione che imponga la presenza di dispositivi di sicurezza su temi che possono generare disastri di queste proporzioni ?
E’ veramente frustrante e preoccupante constatare come in questi casi la tecnologia appaia completamente sfuggita dalle mani dell’uomo: da 49 giorni la situazione procede inesorabilmente verso la catastrofe senza che ci sia la possibilità di arrestarla.
A detta di alcuni esperti l’emorragia di greggio non si arresterà ancora per mesi finché non verrà scavato un nuovo pozzo per alleggerire la pressione al pozzo in perdita.
Come è possibile che tutta la nostra tecnologia e le nostre meravigliose macchine siano completamente impotenti davanti ad un incidente creato dalla nostra stessa tecnologia ?
E’ forse questo il paradosso della società tecnologica; il “bel veliero che ci siamo costruiti corre inesorabilmente verso la catastrofe” ?
Inspiegabilmente, d’altro canto, i mass media (almeno in Italia) si disinteressano completamente della vicenda. La notizia non compare più né sui quotidiani né in televisione come se la cosa non ci riguardasse.
La BP inoltre, invece di pensare a risolvere nel più breve tempo possibile il problema, acquista sui principali motori di ricerca (Google e Yahoo) le parole “marea nera” e “oil spill” per poter fornire la “propria versione dei fatti” e per spiegare quanto stanno facendo.
Ed infine da più parti si fanno avanti a contare i danni, a calcolare i milioni di dollari di perdita o di ricavo e magari a sfruttare il disastro per i propri interessi economici mentre la politica sta a guardare vincolata e legata dagli stessi interessi e speculazioni.
Tanto fra poco inizieranno i Mondiali di Calcio e, come sempre, calerà finalmente il silenzio anche su questa vicenda.
Intanto gli animali continueranno a morire, le coste saranno devastate, qualche pescatore e qualche operatore turistico perderanno il lavoro e torneremo tutti fiduciosi a guardare alla “green economy” come unico mezzo per uscire dalla crisi economica.
Paradossi della società odierna.
Comincio ad essere stanco di tutte le ipocrisie e le menzogne di questa società miope che in nome di interessi meschini non sa far altro che correre verso il baratro.
Voglio poter continuare a navigare ed immergermi nel blu del mare in compagnia di delfini e creature splendide e non in una chiazza maleodorante nuotando fra i cadaveri.
Non mi interessano i “calci nel sedere” promessi e minacciati dal Presidente Obama, i milioni di dollari di risarcimento che pagherà la BP o lo scarica barile di responsabilità fra compagnie e amministrazioni; quando l’ultimo animale di una specie si sarà estinto, quando l’ecosistema marino sarà distrutto non basteranno i dollari, gli euro o gli atti giudiziari, sarà necessaria una nuova creazione.
…guardo il mare ascoltando la nota cantata dalla prora. E vedo un piccolo gabbiano posato sul mio ginocchio… avvicino lentamente la mano. Mi guarda lisciandosi le penne. Avvicino ancora la mano. Smette di lisciarsi le penne e mi guarda senza timore. Sembra che i suoi occhi parlino. Avvicino la mano ancora un poco… Allora mi parla… e mi racconta del Bel Veliero dove molti uomini sono rimasti ancora marinai. Questi non portano guanti, per sentire meglio la vita delle manovre e delle vele, camminano scalzi e serbano il contatto col loro bastimento, così grande e bello e alto, i cui alberi arrivano lassù fino al cielo. Parlano poco, osservano il tempo, leggono nelle stelle e nel volo dei gabbiani, riconoscono i cenni che i delfini gli fanno. E sanno che il Bel Veliero corre verso la catastrofe… Bernard Moitessier