La transizione energetica, sebbene sia già iniziata da diverso tempo, con la pandemia ha subito un’accelerazione impetuosa. Nei prossimi anni moltissime imprese si convertiranno per ridurre (se non azzerare) il loro impatto ambientale.
Ma questo richiede investimenti importanti.
Grazie al sostegno delle politiche governative procederanno spediti in tutto il mondo.
Anche il quadro normativo sta cambiando rapidamente, con vincoli sempre più stringenti sulle emissioni (basta pensare al settore auto).
L’idrogeno attira nuovi investimenti
Se si vuole trovare un protagonista del futuro, non c’è dubbio che al momento il più serio candidato è l’idrogeno. L’elemento chimico più semplice e abbondante dell’universo. Ha un basso impatto ambientale quando consumato in una cella a combustibile. Ed ha potenziali applicazioni ovunque, in tutti i settori.
Tutti gli indicatori che anticipano il trend sono concordi nel pronosticargli un futuro di primo piano. Ma anche qui servono investimenti. E tanti.
Le varianti
Anzitutto per estrarlo, perché non è che l’idrogeno si trova da solo in natura. La variante grigia si deve ottenere dai combustibili fossili (attualmente il 98% è ricavato così); quella blu va catturato dalla CO2 emessa durante il processo di produzione; la variante verde, quella più pura, va ottenuta tramite elettrolisi dell’acqua utilizzando energie rinnovabili.
Proprio quest’ultimo tipo è quello più ambito, e potrebbe giocare un ruolo chiave nella transizione energetica.
Infatti è l’elemento più interessante per poter ridurre l’impatto di quelle industrie difficilmente convertibili e che non possono spingere sull’elettrificazione (siderurgica o l’industria navale). Può sostituire il petrolio nell’industria dei trasporti, utilizzato come vettore energetico o mezzo di stoccaggio nelle batterie. Questo solo per limitarci ad alcune applicazioni.
Progetti e costi
Questo discorso già da solo spiega perché la recente e crescente attenzione e interesse per questo elemento, specialmente nel contesto della transizione energetica.
Ribadiamo però che al momento questi progetti ambiziosi si scontrano con una difficile realtà: servono investimenti importanti per assicurare la scalabilità dell’idrogeno, rendendolo così un cardine della rivoluzione energetica.
Ad oggi produrre 1 kg di idrogeno grigio costa in media meno di due dollari; produrre 1 kg di verde costa quasi il doppio. Altrettante difficoltà sussistono nel suo stoccaggio e trasporto, visto che è un elemento altamente infiammabile.
I big si attrezzano
Ma le grandi società private hanno già colto quali opportunità sono offerte dall’idrogeno, e rastrellano il mercato per attirare su di sé gli investimenti privati e pubblici. Ci sono forti segnali di inversione anche da parte di quelle aziende che finora erano state protagoniste nel fossile.
Dietro l’idrogeno del resto c’è un grande potenziale di sviluppo, che non coinvolge solo i sono beneficiari diretti, come i produttori di elettrolizzatori o altri fornitori di attrezzature dedicate. Anzi, c’è tutta una serie di significativi beneficiari indiretti (ad esempio gli sviluppatori di energia rinnovabile, i produttori di fertilizzanti per via dell’ammoniaca).